sabato 12 gennaio 2013

Se la moda è sostenibile - Corriere Fiorentino

Se la moda è sostenibile

Stilista olandese che sta facendo parlare di sé. È a Firenze per un workshop targato Ied e l'anno scorso ha vinto il suo primo Dutch fashion award

È una big della moda sostenibile internazionale, corteggiata dai brand di mezzo mondo e amatissima da chi al fashion system preferisce i brand di nicchia che puntano sulla qualità. Conny Groenewegen, stilista olandese che sta facendo parlare di sé per la sua attenzione al lato sostenibile del fashion design, è a Firenze per un workshop targato Ied – Istituto europeo di design - e per una visita a Pitti Immagine, al quale aveva già partecipato in passato. Con la sua tecnica e la sua attenta ricerca attraversa il confine che separa la moda dall'arte e lancia sfide per un futuro che guarda all'abbigliamento in maniera più consapevole. L'anno scorso ha vinto il suo primo Dutch fashion award – importante premio che ogni anno viene consegnato alle promesse del design olandese – e ha già all'attivo collaborazioni con Alexander van Slobbe, Yoshiki Hishinuma e col il collettivo Droog design. Insomma, una star.

L'hanno definita pioniera della moda sostenibile, si riconosce in questa definizione? «Penso che la sostenibilità sia innanzitutto un approccio mentale. Come designer mi piace scegliere tessuti di grande qualità e dare ai miei capi un design unico in modo da creare qualcosa che resti ai consumatori per tutta la vita». Pensa che la moda abbia bisogno di una scvolta sostenibile? «Penso che la moda abbia bisogno di cervello e di coraggio per fuggire da produzioni di massa realizzate senza neanche un po' di testa. Siamo accecati da una corsa al denaro e ci dimentichiamo di tenere in considerazione l'ambiente e i valori sociali. Ora si comincia a guardare oltre ma dobbiamo muoverci in fretta perché le conseguenze potrebbero essere molto più serie di quel che si pensa».
Attenzione alla tradizionale e nuove tecnologie, sono questi i segreti della moda di domani? «Penso che siano una bella accoppiata. La tradizione è qualcosa che abbiamo ereditato, come voi italiani sapete bene. I lavori realizzati seguendo le regole della tradizione portano una firma che li rende unici e che racconta a chi li vede chi siamo veramente. Nelle tecnologie invece stanno le soluzioni per il futuro, confini da trovare e spingere più in là, nuove risposte a nuove domande. Dovremmo sempre tenerle in considerazione entrambe».
Come pensa cambierà la moda nei prossimi venti anni? «Negli ultimi quindici anni abbiamo visto le grandi catene come H&M e Zara, conquistare le nostre città. Hanno accelerato la velocità con cui uno stile passa dalla passerella alla strada da tre mesi ad un giorno. Le gerarchie nella moda sono cambiate o scomparse grazie all'uso di internet e in particolare dei social network come Facebook, che permettono a tutti di cambiare la propria identità da un giorno all'altro. Lo stile sta diventando più personale e questo consente al consumatore di essere più emancipato, informato e critico. Se da una parte ci sono i grandi marchi a monopolizzare la scena, dall'altra i piccoli brand hanno bisogno di trovare piccole nicchie di mercato e focalizzare l'attenzione su ricerca e sviluppo in modo da servire un ristretto numero di consumatori che si sono stufati dei del “fast fashion”».
Quali sono i materiali con cui lavori abitualmente? «Lana, angora e seta. Era già stata a Firenze? Cosa pensa della città? Firenze è magica e durante Pitti Immagine diventa ancora un luogo ancora più vibrante, dinamico e internazionale, nel quale si respira moda».
E cosa pensa della scena modaiola italiana? «Cosa penso? Sono tutta orecchie».
(modifica il 09 gennaio 2013)© RIPRODUZIONE RISERVATA